Raccontare delle tradizioni gastronomiche cittadine ed isolane, significa ricercarne il filo rosso in un passato ancestrale e mitico. È ciò che fa, in questo articolo, Cristina Colajanni, docente di lingua francese ma da anni impegnata sul sostegno, nella scuola secondaria di primo grado. Donna volitiva e caparbia, sposata e madre di due figlie, melomane e amante dei viaggi, la Colajanni è dotata di raffinato gusto che si estrinseca nella scelta di percorsi estetici differenti. La nostra cronista cura, da “generalessa”, le sue case dividendosi tra il centro storico e Mondello. Ogni oggetto, collezionato e ricercato nei viaggi, ogni pianta curata o la preparazione di una pietanza rivelano la sua passione per l’arte del ricevere e del vivere in convivio. Oggi, ci racconta una vetrina di una rinomata pasticceria e di una tradizione la cui origine si perde nella notte dei tempi.

Ogni anno, nel mese di ottobre, a Palermo, le vetrine delle pasticcerie s’inondano di colori sgargianti con ceste e vassoi traboccanti della cosiddetta “frutta di Martorana”, ovvero la pasta di mandorle lavorata con lo zucchero e dipinta, che riproduce in scala frutti, dolci e cibarie varie e succulente tipiche della gastronomia tradizionale palermitana. La Martorana, chiamata anche pasta reale, trae le sue origini sicuramente dall’ampia diffusione del mandorlo in Sicilia per cui è probabile che sin dalla colonizzazione greca si usasse farcire i dolci con le mandorle macinate. La tradizione racconta che nel periodo normanno, esattamente nel 1308, le suore benedettine del convento annesso alla chiesa di Santa Maria dell’Ammiraglio (fondato nel 1194 dalla nobildonna Eloisa Martorana) prepararono per la prima volta dei dolci con la pasta di mandorle a forma di agrumi. Li appesero poi agli alberi del giardino del convento per sostituire i frutti già raccolti al fine di abbellire il loro agrumeto un po’ spoglio e di ricevere quindi con tutti gli onori il Papa Clemente. Questo è il motivo per il quale prima a Palermo e poi in tutta la Sicilia i dolci di farina di mandorle e zucchero sono stati denominati “frutta Martorana”.

L’appellativo “pasta reale” nasce invece nel 1799 in relazione alla visita a Palermo di Ferdinando III Re delle due Sicilie al quale furono offerti questi dolci, gioia prima per la vista e poi per il palato. In effetti la cura con la quale viene realizzata la frutta Martorana stupisce anche l’occhio più critico.

Essa è legata, insieme ad altri biscotti tipici, alla sentitissima ricorrenza dei “morti”: infatti, la tradizione palermitana vuole che la notte tra il primo e il 2 novembre i morti si risveglino e vaghino per procurarsi dolciumi e giocattoli per i bambini a loro cari e che si sono comportati bene. A tal fine sulle tavole palermitane quella notte si lascia “u cannistru” (il canestro), un cesto ricco di frutta secca, fichi secchi, frutta martorana, biscotti detti “ossa ri muortu” e sopra tutto questo ben di Dio, quasi a fare da guardia al dolce bottino, la Pupaccena. Le Pupaccena o “pupi ri zuccaru” sono delle statuine cave fatte di zucchero indurito alle quali viene data in uno stampo la forma di paladini, principesse e altri personaggi. Colorate con colori pastello, esse rispecchiano la maestria dei pochissimi pasticceri che ancora le producono.

Un’altra tradizione è quella di ammirare passeggiando le vetrine allestite in questo periodo alla ricerca dell’esposizione più accattivante.

Quest’anno, in un tripudio di allestimenti, una vetrina spicca su tutte: quella dello storico Bar Spinnato di Piazza Castelnuovo che coniuga la ricchezza della varietà dei dolci che accompagnano i palermitani in questo periodo, da sempre e per sempre legatissimi a questa particolare tradizione, alla raffinatezza dell’allestimento scenografico che esalta la “sicilianità” traendo ispirazione dalla simbologia tipica della cultura locale con richiami storici e letterari. In alto troneggia trionfante nella vetrina una splendida Pupaccena che rappresenta un paladino a cavallo finemente dipinto con dettagli stupefacenti. Due candidi vasi di ceramica rappresentanti le teste di due mori, adornati con pale di fico d’india e bacche di mirto, richiamano ad una leggenda legata alla letteratura siciliana più antica. Lo sguardo si posa, poi, su trionfi di biscotti come i taralli, i biscotti di San Martino ed, ovviamente, le immancabili “ossa di morto”. L’occhio s’incanta sulle spianate di frutta Martorana dalle fogge più variegate, come frutti appena raccolti in un giardino dove qua e là si trovano anche delle mele cotogne fresche (anche queste legatissime alla tradizione dolciaria sicula con la famosa “cotognata” generalmente cucinata dalle nonne in questo periodo) e non mancano melograni e frutta secca. In questo allestimento la pasta di mandorle assume però anche la forma delle cassatine e dei cannoli, richiamo ai dolci della migliore tradizione locale sempre presenti sulle tavole domenicali. Infine, il richiamo simbolico alla festa dedicata ai bambini con una cesta di pupazzi, caramelle e cioccolatini. Dunque, un allestimento che non può non commuovere il viandante panormita riportandolo a nostalgici ricordi legati a questa tradizione vissuta fin dall’infanzia e tramandata di generazione in generazione.